Adele Fendi raccontata in un romanzo dalla nipote: “La vera eleganza? Grazia e tenacia”

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Adele Fendi raccontata in un romanzo dalla nipote: “La vera eleganza? Grazia e tenacia”

Adele Fendi raccontata in un romanzo dalla nipote: “La vera eleganza? Grazia e tenacia”

Una nonna che era anche un genio della moda, una grande imprenditrice e, a suo modo, una femminista. Adele F., appena uscito per Salani a opera della nipote Maria Teresa Venturini Fendi, racconta Adele Casagrande Fendi, la fondatrice della celebre maison di moda che quest’anno compie un secolo.

Nel libro ci sono la voglia di indipendenza di una ragazza, un fratello esteta e bon vivant, un matrimonio contrastato (la sposa è più vecchia di sette anni e lavora: scandalo!), cinque figlie cresciute in azienda fin da neonate, un medico ebreo da nascondere in casa e insomma una famiglia in cui è femmina anche il cane, come rimarcava il marito della protagonista, Edoardo Fendi, con divertito sconcerto.

Sullo sfondo, i primi assaggi di libertà per le donne, mentre gli uomini sono al fronte durante la Seconda guerra, e poi via i bustini, e poi finalmente si può votare. Le clienti dive, Claudia Cardinale e Sophia Loren su tutte.

Un'immagine d'epoca di Adele Casagrande e del marito Edoardo Fendi
Un'immagine d'epoca di Adele Casagrande e del marito Edoardo Fendi

Le collaborazioni con Visconti, Fellini, Scorsese, Zeffirelli… Adele era un’esteta (per la messa, sceglieva la chiesa più bella; tutto doveva essere della massima qualità, dai gioielli al cibo) e severa (sul lavoro non lesinava le sfuriate, ma spesso le bastava un’occhiata; niente minigonne e hot pants per le nipoti, guai!). Era una donna oculata (il denaro non si sprecava, per lei che aveva visto due guerre e aveva tenuto una capra in garage per il latte fresco) ma anche generosa (i dipendenti potevano contare su un aiuto per accendere un mutuo o far studiare i figli). Maria Teresa Venturini Fendi è figlia di Anna, una della nidiata di cinque figlie di Adele Casagrande Fendi. Qui racconta l’importanza della “matriarca” nella vita della loro dinastia al femminile.

Sua nonna, la protagonista di “Adele F.” era una donna moderna: voleva lavorare ed essere indipendente, rimase amica dell’ex marito e teneva in casa un ritratto di Maria Cristina di Svezia, icona di autodeterminazione. Secondo lei cosa consiglierebbe alle giovani donne di oggi?

“L’importanza della tenacia: solo così è possibile raggiungere un obiettivo”.

In Adele l’eleganza si sposava al rigore, a valori come la puntualità, la fedeltà alla parola data. Ma oggi cos’è l’eleganza?

“Darei la stessa definizione: una qualità innata, al di là della moda. Uno stato di grazia dell’anima”.

Guardando all’epoca di Adele ma anche al presente: dove va il lusso oggi?

“Ha introiettato la cultura dei viaggi, del tempo libero. Va in questa direzione, direi. In ogni caso, il lusso è il tempo, e non si può comperare”.

Il libro descrive sua nonna come una donna tutta d’un pezzo. Aveva qualche fragilità?

“L’inflessibilità. Avrebbe potuto essere meno severa con le persone con cui aveva più empatia; lasciare un po’ più correre, insomma. Una maggiore fragilità avrebbe potuto rivelarla con una maternità al maschile, ma lei era molto contenta di avere avuto cinque femmine. Diceva che i maschi portavano problematiche irrisolte e che lei un maschio non lo avrebbe saputo educare. Era talmente sicura di sé da poter anche dire la sua verità”.

Le è capitato, magari in un momento di difficoltà, di cercare un consiglio nelle sue antenate? Di chiedersi che cosa avrebbero fatto in quella circostanza?

“No, non ho una parente-guida. Cerco buone energie, magari anche nell’aldilà. Ma la forza la trovo in me stessa”.

Lei ha sangue turco, francese, svizzero-tedesco. Sente queste eredità?

“Sinceramente no. Non sento nessuna eredità né identità, neanche quella italiana. Il destino mi ha portata a vivere in Italia, ma sarebbe andato bene anche altrove. E la penso allo stesso modo anche rispetto al lavoro, all’identità della maison. Ad esempio sulla nomina di Maria Grazia Chiuri a direttrice creativa, al posto di Kim Jones: al di là dell’appartenenza geografica, conta saper esprimere il mondo Fendi nel migliore dei modi.

Il vostro marchio ha fatto la storia a Roma, dove lei vive. Come l’ha vista cambiare?

“Roma è bella ma difficile, più di altre città, se non altro perché è antica. Va accettata la difficoltà di mantenerla, con le sue vecchie infrastrutture, anche con la sua burocrazia. Il che non significa che non si debba tentare...”.

Mi dice un segreto che nel libro non c’è?

“Non posso: i segreti svelati non sono più segreti. Posso dire di essere stata sincera, di non avere edulcorato nulla. La cosa più interessante è sempre la realtà”.

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